C'era una porta a spinta tra lui e il futuro, foderata di verde con un'apertura al centro. Da lì spiava l'atteggiamento dei commissari che lo avevano esaminato: sembravano tranquilli. Chi rideva, chi scribacchiava, chi passeggiava su e giù per l'enorme aula penale al piano terra della Corte d'Appello.
Si sentiva svuotato e prosciugato dopo due settimane di clausura che lo avevano trascinato verso i punti più bassi della sua vita da studente. A due giorni dalla meta si era bloccato, gli sembrava tutto inutile, come il lento avvicinarsi ad un eclatante fallimento. Amici e parenti si aspettavano tanto da lui, e lo sapeva. Non voleva deluderli e temeva come un matto di farlo.
Aveva pianto. Da solo. Aveva assaporato le lacrime di nervosismo, di rabbia e di tensione che gli erano scivolate sul viso. Si era agitato molto e, complice il caldo, non riusciva a respirare bene. Quindi si era disteso sul divano ed era caduto in un sonno profondo.
Aveva sognato l'esame, le domande e poi, all'improvviso, si era trovato nel deserto. Camminava scalzo, in cerca dell'oasi: eccola là, sentiva l'acqua scorrere. Iniziò a bere ma il sapore era strano: forte e dolciastro allo stesso tempo. L'aveva sentito bene quel sapore mentre piangeva qualche minuto prima. Si risvegliò, era sudato. Gli occhi gonfi, la fronte rossa. Allo specchio vide sotto l'attaccatura dei capelli una vena più grossa e paonazza, che gli ricordava Harry Potter.
Ce la doveva fare, si disse. Il deserto che aveva sognato non erano altro che gli ultimi due anni della sua vita, persi in mezzo a una pratica forense di cui avrebbe fatto volentieri a meno. Spaesato e senza meta, l'unico suo obiettivo era l'esame, e ora che era arrivato fin lì non poteva fallire.
L'atrio della Corte d'Appello era ancora in attesa del verdetto. Vide i commissari sedersi, ormai il suo destino era deciso. Si aprì la porta, ne uscì una giovane cancelliera. Sentì quel poco sudore che ancora aveva in corpo percorrergli velocemente la schiena. La ragazza gli fece cenno di entrare.
Appena dentro, il Presidente si alzò in piedi, segno di un'imminente proclamazione. -E' andata bene- iniziò quello -lei ha passato l'esame di Avvocato, complimenti!-.
La tensione accumulata si sciolse piano piano e sul suo viso comparve un abbozzo di felicità. Ce l'aveva fatta a modo suo. Studiando e lavorando, senza lasciare niente e con una buona dose d'incoscienza. Firmò il verbale, prese il foglio con la buona notizia e uscì dall'aula.
Vide suo babbo in lacrime. Si bagnarono anche i suoi occhi, stavolta di gioia.
Si sentiva svuotato e prosciugato dopo due settimane di clausura che lo avevano trascinato verso i punti più bassi della sua vita da studente. A due giorni dalla meta si era bloccato, gli sembrava tutto inutile, come il lento avvicinarsi ad un eclatante fallimento. Amici e parenti si aspettavano tanto da lui, e lo sapeva. Non voleva deluderli e temeva come un matto di farlo.
Aveva pianto. Da solo. Aveva assaporato le lacrime di nervosismo, di rabbia e di tensione che gli erano scivolate sul viso. Si era agitato molto e, complice il caldo, non riusciva a respirare bene. Quindi si era disteso sul divano ed era caduto in un sonno profondo.
Aveva sognato l'esame, le domande e poi, all'improvviso, si era trovato nel deserto. Camminava scalzo, in cerca dell'oasi: eccola là, sentiva l'acqua scorrere. Iniziò a bere ma il sapore era strano: forte e dolciastro allo stesso tempo. L'aveva sentito bene quel sapore mentre piangeva qualche minuto prima. Si risvegliò, era sudato. Gli occhi gonfi, la fronte rossa. Allo specchio vide sotto l'attaccatura dei capelli una vena più grossa e paonazza, che gli ricordava Harry Potter.
Ce la doveva fare, si disse. Il deserto che aveva sognato non erano altro che gli ultimi due anni della sua vita, persi in mezzo a una pratica forense di cui avrebbe fatto volentieri a meno. Spaesato e senza meta, l'unico suo obiettivo era l'esame, e ora che era arrivato fin lì non poteva fallire.
L'atrio della Corte d'Appello era ancora in attesa del verdetto. Vide i commissari sedersi, ormai il suo destino era deciso. Si aprì la porta, ne uscì una giovane cancelliera. Sentì quel poco sudore che ancora aveva in corpo percorrergli velocemente la schiena. La ragazza gli fece cenno di entrare.
Appena dentro, il Presidente si alzò in piedi, segno di un'imminente proclamazione. -E' andata bene- iniziò quello -lei ha passato l'esame di Avvocato, complimenti!-.
La tensione accumulata si sciolse piano piano e sul suo viso comparve un abbozzo di felicità. Ce l'aveva fatta a modo suo. Studiando e lavorando, senza lasciare niente e con una buona dose d'incoscienza. Firmò il verbale, prese il foglio con la buona notizia e uscì dall'aula.
Vide suo babbo in lacrime. Si bagnarono anche i suoi occhi, stavolta di gioia.