lunedì 28 giugno 2010

Soloni

Il caldo si fa sentire di nuovo in questa fine di Giugno dominata dagli ottavi di finale del Campionato del Mondo, dagli errori arbitrali di Rosetti e Larrionda in versione Ovrebo, e dalla richiesta legittimo impedimento subito ritirata dal neoministro Brancher.
Il sole colpisce anche troppo duramente in questa parte dell'anno, arida e senza respiro come una rosa di gerico prima che l'acqua la trasformi nella pianta della resurrezione. E non colpisce solo Ayroldi e Rosetti (autori di un errore da terzo mondo del calcio), Larrionda e il suo assistente (svista da quarto mondo), il povero Capello (che resiste imperterrito sulla traballante panchina dell'Inghilterra), o la FIFA (che se la prende incredibilmente con la tecnologia, invece che con la sua costante e ottusa testardaggine nel negare l'applicazione della moviola in campo).
Il sole colpisce anche molti altri: i soloni che credono di conoscere il mondo e pretendono di insegnare a gente che ne sa più di loro, ma soprattutto il neoministro Brancher (ma ministro di cosa?) che, appena finito di giurare nelle mani del Presidente della Repubblica, era già talmente impegnato come Ministro da sollevare il legittimo impedimento in un processo che lo riguarda a Milano. Dopo le polemiche che lo hanno comprensibilmente investito, si è affrettato a sacrificarsi, annunciando che andrà al processo (che fatica!) ma, con la morte nel cuore, ha aggiunto "È indecente, non si è mai visto che l'Italia dopo aver perso i Mondiali se la prenda con me!".
Traslasciando il fatto che lui con il Mondiale non c'entra proprio nulla, ad essere precisi, non si era mai visto un Ministro senza deleghe nè portafoglio che avanza una richiesta di legittimo impedimento. E non si era mai visto neanche il legittimo impedimento, prima che una legge dello Stato lo introducesse, confermando in pieno il pensiero del grande Solone (quello vero): "La giustizia è come una tela di ragno: trattiene gli insetti piccoli, mentre i grandi trafiggono la tela e restano liberi".

giovedì 24 giugno 2010

Presunzione

Una Nazionale così non l'avevo mai vista. Prevedibile, intimorita, a tratti imbarazzante. Sembrava che la la squadra esperta, abituata ai grandi palcoscenici, fosse la Slovacchia, e che noi, l'Italia, fossimo la Cenerentola di questi Mondiali, nemmeno fossimo la Padania e non i Campioni del Mondo in carica.
Indubbiamente ci siamo meritati di uscire al primo turno, dopo tre partite ridicole, senza un tiro in porta, se si escludono quelli di Quagliarella negli ultimi dieci minuti dell'ultima partita. Un po' poco per i sogni di gloria del nostro CT, che voleva imitare Pozzo e non è riuscito nemmeno a migliorare le gesta di Bearzot, che a Messico '86 raggiunse almeno gli ottavi di finale, dopo aver superato un girone molto più difficile di quello che i nostri sedicenti eroi hanno dovuto affrontare in questa occasione.
Purtroppo la presunzione di Marcello Lippi ha assunto livelli smisurati dopo la vittoria del 2006 e di conseguenza questa spedizione è stata caratterizzata, prima ancora che dall'eliminazione al primo turno, da molte scelte discutibili del mister, che ha fatto di tutto tranne una formazione con un filo di logica, troppo spesso preso dalle suo ego per vedere quanto stesse sbagliando nel puntare sul blocco Juve.
Anche nella parita contro la imbattibile Slovacchia non si è capito il senso di giocare con un centrocampista come Gattuso, più vicino alla pensione che al campo, e con una punta centrale come Iaquinta, che non ha certo il gol nel sangue. Probabilmente puntare su Palombo e Quagliarella era troppo logico per l'uomo di Viareggio, convinto come non mai di essere più bravo di tutto e tutti.
La prossima volta che vinceremo un Mondiale sarà bene esiliare immediatamente il CT Campione del Mondo, per evitare di vedere scene come quelle di questo 2010, dove la minestra riscaldata è rimasta indigesta agli sportivi italiani, mai così umiliati.
A questo punto bisognerebbe ripristinare un'usanza che i tifosi azzurri misero in pratica quando accolsero i Vicecampioni del Mondo di Messico '70 con ortaggi e pomodori. Una circostanza ingiusta allora, che però oggi sarebbe quantomai opportuna di fronte a un gruppo che ha offerto prestazioni rivoltanti prima ancora che inaccettabili, un gruppo cui non interessava minimamente la difesa del titolo di quattro anni fa, un gruppo che non ha mostrato rispetto per la maglia azzurra e per la gente di questo paese. Vergogna.

lunedì 21 giugno 2010

Per un'Amica

A volte le brutte notizie ti prendono così, d'assalto, mentre stai festeggiando e ridendo, mentre sei emozionato per aver fatto qualcosa di immensamente piccolo ma che a te sembra immensamente grande. E così mentre sogghigni per questa assurda felicità, ti sembra impossibile che qualcuno, dall'altra parte del telefono, stia piangendo. Quando però tuo padre ti spiega il motivo con le sue parole rotte dal pianto, quello che sembrava fantastico torna a essere normale e le tue lacrime avvolgono d'un tratto il sorriso che avevi sul volto.
Se n'è andata Manuela Righini, una donna coraggiosa, tenace, ironica, sensibile, appassionata. La prima in Italia a parlare di calcio, un terreno ancora oggi dominato dal fiero maschilismo.
Ma soprattutto se n'è andata un'amica, una di quelle a cui avresti raccontato qualsiasi cosa, a cui avresti fatto ogni genere di domanda. Una vera amica che ti rispondeva sempre con un sorriso, che ti colpiva per la sua disponibilità e per la sua competenza, per la sua simpatia e per la sua vitalità. Quando nella mia esperienza radiofonica le rivolgevo qualche domanda impacciata, lei subito correva in mio soccorso dando un senso compiuto anche alle mie sconnesse parole.
Quando la chiamavo per farla intervenire in tv, rispondeva sempre: "Eccomi, sono pronta", e, anche se immersa nei miliardi di cose da fare, interveniva in diretta dicendo sempre qualcosa di assolutamente originale e condivisibile.
Se n'è andata una donna che ha affrontato la malattia con quel sorridente coraggio che oggi l'ha portata in Paradiso. Ciao Manuela, mi mancherai.

sabato 19 giugno 2010

Incomprensioni

Ho un brutto carattere. Intendiamoci, non sono cattivo, insensibile, antipatico o crudele, ma sono permaloso, almeno quanto lo è l'olio quando ci metti dentro troppo peperoncino e diventa piccantissimo. Proprio come quel genere di condimento per stomaci d'amianto, il mio caratteraccio porta a qualche incomprensione con i miei interlocutori: quando per troppo silenzio, quando per qualche parola, frase, espressione, atteggiamento esagerato o terribilmente sbagliato.
Forse saranno le tensioni o le attese, forse sarà (come dice qualcuno) che sono idiosincratico verso me stesso, o (come sostiene qualcun altro) che sono un buono a nulla, e ancora senza obiettivi nella mia vita, ma le incomprensioni che mi riguardano sono spesso relative al mio modo di fare e di essere. Pacato, ma non troppo. Simpatico, ma non troppo. Colto, ma non troppo. Tenace, ma non troppo. Buono, forse troppo.
Non parlo di incomprensioni come quella che hanno avuto Anelka e Domenech, con l'attacante francese che ha consigliato al suo allenatore come utilizzare in modo appropriato una parte del suo corpo, e nemmeno di difficoltà comunicative più profonde stile torre di Babele, ma proprio di percorsi diversi, lontani fra loro, senza un lembo di terra o un confine in comune.
Il feedback che ne viene fuori è alterato dal mio caratteraccio, che si chiude in sè stesso, quasi fosse nel mezzo di una battaglia medievale, intento a respingere al mittente i dardi infuocati, ferendo inesorabilmente l'avversario, che nella maggior parte dei casi non è tale.

giovedì 17 giugno 2010

La FIFA non ama la C

Con il termometro che sale inesorabilmente giorno dopo giorno, escono dai loro bunker le terribili zanzare del 2010, quelle che ti pungono due o tre volte prima di svegliarti ronzandoti sopra l'orecchio, nemmeno fossero lì a dirti: "guarda che bel capolavoro ho fatto sulla tua pelle, ho riprodotto Stonehenge".
Come la comparsa di amici che non senti da mesi è indice che stanno uscendo i risultati dell'esame da Avvocato, l'incessante ronzio delle zanzare è testimonianza che il solstizio d'estate è ormai alle porte. Per fortuna, però, il periodo estivo non porta con sè solo caldo e grandi scocciature di piccole dimensioni, ma anche giornate più lunghe, belle gite al mare nei finesettimana, e soprattutto un generale accorciamento del vestiario femminile.
In Olanda, questo benedetto effetto collaterale della calura estiva è stato anche oggetto di uno spot per una birra (che comprerò subito): tante belle ragazze vestite (poco) di arancione migliorano la vita degli steward da stadio, quelli che sono pagati per stare 90 minuti a badare al pubblico, di solito maschile, rozzo e anche piuttosto bruttino.
Non contenti di avere prodotto uno spot da applausi, gli olandesi, da bravi inventori di reality, hanno pensato di mandare una quarantina di bionde -sempre poco vestite- a seguire la prima gara dell'Olanda al Mondiale. Visibilità assicurata per il palcoscenico e per le curve delle signorine, questo deve essere stato il ragionamento degli ideatori di questo geniale escamotage.
In effetti le ragazze sono state fin troppo osservate, tanto che la FIFA ne ha chiesto l'arresto alle autorità sudafricane. Il reato? Secondo i burocrati di Zurigo, essere troppo bionde, troppo sexy e troppo arancioni era un inequivocabile riferimento alla pubblicità olandese. Così i poveri steward, al posto di quaranta bionde mozzafiato, si sono trovati davanti ancora una volta trenta panzoni rossicci con in corpo più birra che altro. Speriamo che l'abbiano presa bene...

martedì 15 giugno 2010

La Ricerca del Lavoro

Sperare che arrivi un sms da una ragazza o una telefonata che ti offra un lavoro sembrano cose profondamente diverse per chi ha un briciolo di cervello. Ma per chi (e parlo di me) non è mai stato bravo a gestire la tensione dell'attesa, le similitudini si sprecano.
Come un ragazzo che ha problemi di cuore, infatti, ormai da qualche mese mi trovo a controllare il cellulare ogni tre minuti per paura di essermi perso una chiamata lavorativa (che regolarmente non c'è), e quando il telefono vibra più a lungo che per un semplice sms, vorrei materializzare sul display un numero magico che mi dia una bella notizia. Purtroppo, però, Schopenhauer aveva torto: il mondo non è volontà e rappresentazione.
Non pensavo che fosse così difficile trovare lavoro. E' vero, da almeno due anni tutti i telegiornali di questo paese (anche quelli più "ottimisti") non fanno che ripetere come sia profonda la crisi dell'economia e quanto stia crescendo la disoccupazione, specie tra i giovani. Ma, come sempre, fin quando non sperimenti in prima persona le difficoltà che si incontrano per entrare nel mondo del lavoro, purtroppo non ti rendi conto di cosa quei servizi stiano dicendo davvero.
E così, impegnato come ero nella chiusura della mia attività precedente e in ciò che ne seguiva, non ho guardato in faccia la realtà e mi sono illuso che avrei trovato qualcosa di accettabile, in qualche modo. Invece, il percorso che mi sono trovato di fronte è stato tanto arduo e complesso (leggi impossibile), quanto avere un appuntamento con Charlize Theron. Senza contare che poi, se tutto va bene, non esci con Charlize Theron ma vai a lavorare.
Agenzie interinali (che nome orribile), internet, concorsi, colloqui (anche lontano da casa), promesse, progetti, profili dati e restituiti non hanno prodotto un bel niente in questa prima metà del 2010. E mentre sale la temperatura, scendono le mie aspettative di trovare qualcosa di stabile prima dell'autunno (magari!). A chi mi chiede perchè non ho sfruttato qualche amicizia, rispondo: "Hai mica il numero di Charlize?".

lunedì 14 giugno 2010

Forza Azzurri

Forse sono un fiorentino atipico, ma fin da piccolo la mia passione per la Nazionale italiana è sempre stata tanto grande quanto quella per la maglia viola (per la quale sono reduce da un'ora in banca a compilare i moduli per la tessera del tifoso). Certamente il tifo per l'Italia non dura tutto l'anno come quello per l'amata Fiorentina (per la quale sono intrattabile da sempre la domenica pomeriggio) ma è ugualmente molto intenso negli mesi di Giugno- Luglio degli anni pari.
Al contrario di tanti, ho pianto per il rigore di Baggio, non ho dormito per la sconfitta in finale all'Europeo del 2000 e ho goduto immensamente dopo la vittoria ai rigori di quattro anni fa contro i galletti dell'antipatico Domenech.
Magari sarà stata l'orribile mascotte di Italia '90 (ma chi l'ha pensata?), che accese per prima i miei sogni di bambino, o forse le vacanze studio adolescenziali tra Londra e Parigi che stimolarono questo sentimento di forte appartenenza nazionale, ancora oggi intatto in mezzo a tanta vergogna di far parte di un paese in cui un Ministro della Repubblica non sa chi gli ha pagato la casa e un Presidente di Regione sostituisce per ideologia politica l'Inno di Mameli con il "Va' Pensiero". Per non parlare di tutto il resto.
Qualsiasi cosa sia stata, comunque, tifare Italia per me non è tifare Juventus, Milan o Inter, come pensano in molti. Tifare Italia è tifare per un sogno, è sostenere una passione, è preservare il mio orgoglio di essere italiano. E fiorentino.

domenica 13 giugno 2010

Comandante Maradona

Barba lunga, sigaro in bocca, amico di Fidèl Castro, argentino. Anche se può sembrare strano, non sto parlando del Comandante Che Guevara ma di Diego Armando Maradona, il più grande giocatore di tutti i tempi, oggi commissario tecnico della nazionale albiceleste. All’inizio non avevo dato troppo peso a queste coincidenze, ma dopo aver visto il film di Steven Soderbergh “Che- l’argentino” il nuovo look di Maradona mi è sembrato subito un riferimento al più famoso dei barbudos. Forse sto dicendo una serie di castronerie (leggi s*******) ma secondo me non è un caso che Diego si sia conciato così per il suo esordio da seleccionador in un Mondiale.
A mio avviso, il pibe de oro pensa di essere il nuovo Che, un condottiero che non ha l’obiettivo di rendere migliore il Sudamerica e forse il mondo intero, ma quello di riportare l’Argentina sul tetto del mondo dopo 24 anni da un titolo mondiale vinto proprio grazie a Maradona, ai suoi dribling ubriacanti, che nemmeno alla Playstation riescono più, e alla Mano de Dios, dura beffa per l’Inghilterra nemica dai tempi della guerra delle Falkland/ Malvinas.
Non so se Maradona riuscirà nel suo disegno rivoluzionario e se manterrà la promessa di vagare nudo per Buenos Aires in caso di vittoria iridata. Quello che penso di sapere è che, dopo aver escluso dai Mondiali un giocatore del calibro di Cambiasso e aver impiegato per soli cinque minuti il Principe Milito, dopo aver indossato un completo da film di Brian De Palma e aver mangiato una pera in conferenza stampa, presto Diego l’argentino si presenterà davanti alle telecamere e dirà al mondo intero: “Patria o muerte!”.

sabato 12 giugno 2010

Insonnia

Devo dire che ho sempre sofferto di insonnia. In realtà me ne vado a letto presto con buoni propositi, certo che troverò alla svelta la posizione giusta, che i miei occhi si chiuderanno in quattro- cinque minuti e che di lì a poco sarò su un tappeto volante a vedere Firenze notturna sotto di me (sogno poetico), oppure che annasperò per il deserto alla ricerca di un po' d'acqua (sogno da indigestione), o che sarò perseguitato dai corpi delle vittime di Teddy Daniels alias Andrew Laeddis che riaffiorano dal fiume (colpa di Shutter Island, che vaga come una meteora qua e là per la mia fase rem).
Invece niente di tutto questo accade e mi trovo a fissare il soffitto con l'ora proiettata dalla sveglia che, con il suo colore rosso fuoco, scorre inesorabile verso l'aurora. E allora penso ai possibili rimedi: contare le pecore è quello più gettonato ma ci sono nottate in cui potrei arrivare a cinquemila senza batter ciglio e magari rimanere sveglio in mezzo a un dormitorio di lana bianca.
Allora decido di non dormire, penso di sfruttare il tempo in altro modo, magari leggendo fino alle sei per poi uscire a fare un po' di jogging, cosa che- detto per inciso- non mi farebbe affatto male.
Più determinato che mai scendo dal letto e scelgo un giornale, un libro o un sito da consultare concentrato. Infondo mancano solo poche ore all'ora stabilita per la corsetta.
Passo un'ora, due, più attento che mai alla mia attività da insonne ed ecco che, arrivato alle cinque, gli occhi mi si chiudono. Scivolo finalmente in un sonno profondo.
Sogno di essere su quel tappeto e vedo Palazzo Vecchio: lo potrei toccare ma c'è qualcosa sotto che mi impedisce di farlo. E' un piccolo suono dentro la mia testa che si fa via via più forte.
Allora apro gli occhi e mi rendo conto. Sono le otto e mezzo e ho dimenticato di togliere la sveglia.

venerdì 11 giugno 2010

Iniziano i Mondiali

Se penso ai Mondiali mi viene in mente Topolino. Può sembrare un po' strano in effetti, ma ho imparato la storia della Coppa del Mondo attraverso un numero speciale di Mickey Mouse.
Era il 1990, io avevo solo 9 anni e vedevo il calcio come un momento di unione nella mia vita che già all'epoca era un po' disordinata. Mio nonno mi regalò questo enorme numero a colori di Topolino e io cominciai a leggerlo avidamente, immagazzinando ogni dato nella mia mente che allora era assai più fertile di adesso. Così conobbi Meazza, Leonidas, Ghiggia, Pelè, Eusebio, Cruyff, Paolo Rossi e Maradona. Mi appassionai talmente tanto ai Campionati del Mondo che ancora da allora ne vivo l'inizio con la stessa felicità ed emozione. Oggi più di allora mi rendo conto che scansiono la mia vita in periodi corrispondenti al susseguirsi dei Mondiali e spesso mi trovo davanti alla stessa considerazione: sembra ieri e sono già passati quattro, otto o dodici anni.
Non so come sarà questo Campionato del Mondo: se incredibile e vincente come quello di quattro anni fa o deludente e discutibile come quello di Giappone- Corea.
Di sicuro sarà un'edizione importante perchè porta il calcio mondiale in Sudafrica. Uno sport globale in un paese fino a pochi anni fa diviso dall'apartheid. Waka Waka.

giovedì 10 giugno 2010

Scusa David

Non avevo in mente un titolo per questo esperimento di blog che sto costruendo e allora ho pensato alla frase che ho detto di più durante la mia esperienza radiofonica. Quando intervenivo per segnalare il gol di questa o quest'altra squadra, la mia imperdibile interruzione iniziava sempre con uno "Scusa David". La parafrasi irriverente dello "Scusa Ameri" di Tutto il calcio era piuttosto chiara, ma non so quanti degli ascoltatori l'abbiano mai capita.
"Scusa David" vuole quindi essere un modo per intervenire su molteplici argomenti (le mie giornate, i miei viaggi, il mio lavoro (speriamo), la politica e naturalmente il calcio) senza alcuna pretesa di completezza o di ragione. Ma soprattutto questo blog vuole essere uno spazio per dire tutto quello che mi passa per la testa.
A scanso di equivoci, mi scuso subito con chi, navigando, dovesse incagliarsi nel mio piccolo scoglio per le castronerie (volevo scrivere s******* ma sarebbe stata una parolaccia) che ci troverà scritte.
A presto!