lunedì 23 maggio 2011

Uno strano destino

Esistono parole, atteggiamenti, sospiri a volte molto simili anche se non uguali. Esistono sguardi, gesti, lacune e omissioni che sono profondamente diversi. Esistono specchi che si rompono come sogni che drasticamente diventano realtà. Esistono donne in cui proietti la perfezione e che poi si rivelano delusioni, amare, difficili da nascondere, indicative del mondo che ti circonda, fatto di silenzio e falsità, di pensieri e, a tratti, di sconforto.
Quando te le trovi di fronte è difficile pensare qualcosa di positivo, è difficile razionalizzare e programmare, è impossibile guardare avanti perchè non hai più l'anima, persa in qualche sogno disincantato, in qualche illusione amareggiata, in qualche sentiero senza via d'uscita.
E ti trovi come in un senso vietato, senza idea di dove andare, senza voglia di ricominciare, con la sensazione di trovarti dentro a un barattolo di marmellata vuoto, senza più pareti trasparenti dove sbattere la testa.
E vedi nei suoi occhi il centro del cambiamento. In quell'azzurro intenso, una volta così pieno di sorpresa e di dolcezza per le tue parole, è apparsa, gelida, l'indifferenza, che ti lascia attonito, in preda ai dubbi, lontano dalla realtà. Cosa sarà stato a produrre quel cambiamento forse lo sai. Sei andato lungo e hai paura di ammetterlo.
E' un peccato, ma in quei momenti ti rendi conto di avere perso qualcosa, che non potrai essere più amico, che dovrai necessariamente sparire. Per non star male in primo luogo. Per far sì che il tempo ti permetta di non pensarci più e di far risorgere il tuo ego, più che mai sotterrato dopo aver perso, in un colpo solo, l'amicizia e quello che poteva essere l'amore ideale.
Che strano destino quello di sentirsi avulsi e rifiutati, che strano destino quello di sapersi soli in una sera di maggio.

domenica 15 maggio 2011

La latitanza

La latitanza, come l'ha chiamata un mio amico tanto tranchant quanto lucido nel descrivere questo periodo della mia vita, non è il lungo periodo di assenza che ho riservato a questo blog per motivi di studio.
Non è nemmeno una fuga organizzata e sottaciuta ai miei più cari amici, come si potrebbe pensare leggendo queste prime righe.
Non è nemmeno la canzone di Daniele Silvestri, che per inciso si chiama la paranza, e non si tratta nemmeno di una decisione irrevocabile che ho preso e devo ancora comunicare.
La latitanza è un'efficace definizione di una frequentazione precaria, di una fiammella accesa che si è subito spenta, dell'ennesima illusione -la prima del 2011- che mi ha riservato il mio periodo di singletudine.
La latitanza non è certo riferita al mio comportamento, abbastanza rispettoso, fin troppo disponibile ed ingenuo, bensì all'atteggiamento di sufficienza che mi sono trovato davanti. Un atteggiamento calcolatore e opportunista, deliberatamente provocatore, che aveva il solo obiettivo di spingermi a chiudere i rapporti.
Rabbia? Un po', per essere stato preso in giro fin dall'inzio. Mancanza di rispetto? Molta, non da parte mia purtroppo. Rimpianti? Forse il fatto di non averle trasmesso emozioni, come dice lei. Anche se non credo sia dipeso dalla mia incapacità, ma probabilmente dalla sua scarsa convinzione.
In questi giorni ho riflettuto su quanto accaduto, più come forma di futura autodifesa che come reale interesse scientifico. Non siamo mai entrati nel merito perchè lei ha preferito la latitanza alla conoscenza. E forse sarebbe stato meglio l'avessi fatto anche io.